giovedì 6 giugno 2013

Ma il Cerba serve a ripianare i debiti del fallito gruppo Ligresti nei confronti di poco attente banche?

Dalla piega che hanno preso gli eventi, a questo piccolo blog la vicenda del Cerba, più che quella di un polo scientifico all’avanguardia, sembra essere oramai diventata una mera operazione per far rientrare alcune banche dai loro prestiti concessi, forse con troppa leggerezza, al gruppo Ligresti.

E questa sensazione rimane anche dopo la presentazione del nuovo progetto avvenuta ieri in Regione Lombardia (un progetto tra l’altro ancora pieno di punti interrogativi, a cominciare dai soggetti che ne faranno parte).

Perché questa sensazione? Per cercare di spiegarla, un piccolo riassunto della vicenda dei terreni.

Tutto inizia quando il gruppo Ligresti, mantenendone la proprietà, “mette a disposizione” del Cerba più di 60 ettari di aree agricole, inserite nel Parco Agricolo Sud Milano, per costruirci la cosiddetta “Città della Scienza”. Proprio per le finalità del Cerba, in modo non certo condivisibile, l’iter per rendere edificabili queste aree e stralciarle dal Parco Sud è piuttosto veloce (se gli stessi proponenti, per la stessa area avessero presentato un progetto di edilizia residenziale con annesso centro commerciale, il progetto molto difficilmente sarebbe stato preso in considerazione). Alla fine, nel momento in cui queste aree da agricole diventano edificabili (contestualmente alla loro esclusione dal perimetro del Parco Sud), il loro valore di mercato passa, secondo quanto riportano i quotidiani, da 3 a 250 milioni di euro circa.

Nel frattempo il gruppo Ligresti fallisce con 330 milioni di debiti nei confronti di alcune banche. Questi debiti, meglio ricordarlo, non hanno nulla a che fare con la vicenda del Cerba. Hanno a che fare solo con gli errori di valutazione di queste banche nei confronti del gruppo Ligresti. Ora queste banche cercano di rientrare e, tra le altre cose, si aggrappano anche ai terreni del Cerba e cercano quindi di tenere in vita il progetto del nuovo ospedale. Infatti, se questo decadesse, automaticamente i terreni sui quali dovrebbe sorgere tornerebbero a destinazione agricola: il loro valore di mercato crollerebbe immediatamente da 250 a 3 milioni di euro. Le banche puntano semplicemente a non perdere quei 250 milioni di euro nella procedura fallimentare del gruppo Ligresti.

E poi? Se si dovesse firmare la convenzione, il Cerba si fa? Non è detto. Il progetto oggi è bloccato per un motivo molto semplice: i soci del Cerba, al momento, non paiono in grado di garantire quel miliardo e passa di euro necessari per la costruzione dell’ospedale (nella sua versione originale, quella tutta dedicata alla ricerca). Ecco perché ora, per cercare di racimolare risorse, compaiono nel nuovo progetto altre cose del tutto estranee alla missione della “Città della Scienza” come ad esempio il centro commerciale e “case non destinate esclusivamente a soddisfare i bisogni sanitari” (Cerba, futuro appeso ad un filo, Corriere della Sera, 6 giugno 2013, di Simona Ravizza).

Se i soci avessero davvero le risorse per realizzare il progetto originario e pagare i dovuti oneri di urbanizzazione al Comune di Milano, non ci sarebbe alcun problema e lo stesso Comune di Milano, lo scorso marzo, non si sarebbe visto costretto ad inviare loro una diffida per spingere i proponenti a fare chiarezza sulle loro reali intenzioni.

Ecco perché a questo piccolo blog sembra che anche la presentazione del progetto di ieri possa essere solo un tentativo per cercare di convincere il Comune di Milano a firmare il 28 giugno la convenzione per il Cerba o quanto meno per rinviarla. Una decisione per i creditori del gruppo Ligresti. Non per il Cerba.

La missione dichiarata dal Cerba è lodevole. Lo è anche il suo iter? L’unica certezza, almeno per questo blog, è che è del tutto sbagliata la sua localizzazione.

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